Quando Il matrimonio segreto di Domenico Cimarosa fu eseguito al Teatro Regio nella stagione 1964-65 (prima e finora unica presenza di questo titolo nella cronologia del nostro teatro) i loggionisti lo liquidarono con sufficienza: commentarono che se le opere di Verdi sono come il lambrusco, il lavoro di Cimarosa non è neanche mezzo vino, ma al massimo acqua minerale.
A quasi sessant’anni di distanza, questo piccolo capolavoro del nostro teatro settecentesco ha conquistato ieri sera senza riserve il pubblico parmigiano: magari non al punto da chiederne un bis immediato, come pare avvenisse a Vienna, su richiesta dell’imperatore Leopoldo II, dopo la prima esecuzione nel 1792, ma forse spingendo qualche loggionista, fra quelli che c’erano, a paragonarlo almeno a un frizzantino.
Merito della musica, che riecheggia Mozart ma annuncia Rossini e anche Donizetti, e merito di un allestimento davvero delizioso, vivacissimo e senza un momento di stanca.
L’operazione che è alla base di questa produzione è da elogiare senza riserve. Si tratta di una coproduzione a tre, che vede il Regio affiancarsi al Massimo di Palermo e all’Opera di Tenerife, dove lo spettacolo è andato in scena per la prima volta due anni fa dopo un lungo lavoro di preparazione.
Giovani i cantanti selezionati (con doppio cast che anche al Regio si alterna nelle recite), giovane il direttore, giovani il regista e i suoi collaboratori, e giovani anche i musicisti dell’orchestra toscana Cupiditas,
L’azione è ambientata nella Broadway degli anni 50, il basso Geronimo è un emigrato che pensa a Napoli con nostalgia ma che ha fatto fortuna producendo dolci raffinati e Carolina, la sua figlia minore, è segretamente sposata con il fattorino Paolino e sogna di ballare come il Gene Kelly di Cantando sotto la pioggia.
L’intreccio dell’opera di Cimarosa, con le sue situazioni buffe che nascondono anche una sottile satira sociale, ben si adatta a questa rilettura fondata sulla leggerezza e in cui dominano le tinte pastello (dal rosa all’azzurro al verde) mentre sullo sfondo anche i grattacieli stilizzati di New York vengono ingentiliti da note di colore.
Bravo il regista Roberto Catalano ad aver creato uno spettacolo spumeggiante e divertente, grazie anche alle scene di Emanuele Sinisi, ai costumi di Ilaria Ariemme, alle luci di Fiammetta Baldisserri e ai movimenti coreografici di Sandhya Nagaraja.
Per una volta, la presenza di attori e ballerini a fianco dei cantanti non dà fastidio, compensa anzi la mancanza del coro. Samuel Moretti, nel ruolo aggiunto di una vecchia curiosa che si aggira col cagnolino al guinzaglio e che alla fine si spoglia del travestimento rivelandosi Gene Kelly, è stato calorosamente applaudito al pari dello spassoso sarto impersonato da Filippo Lanzi.
Per quanto ancora alle prime esperienze teatrali, il giovane direttore milanese Davide Levi, che aveva già diretto le rappresentazioni di Tenerife e di Palermo, può a questo punto considerarsi uno specialista del capolavoro di Cimarosa, di cui ha offerto una lettura sensibile e scorrevole, ottenendo una buona collaborazione dall’Orchestra Cupiditas. Apprezzati anche gli interventi di Hana Lee al fortepiano.
Al di là di qualche comprensibile acerbità sul piano vocale, tutti i sei interpreti meritano un plauso per come danno vita ai loro personaggi: il tenore Antonio Mandrillo, particolarmente festeggiato anche perché uscito dal nostro Conservatorio, i soprani Giulia Mazzola e Marilena Ruta, il mezzosoprano Veta Pilipenko e i bassi Francesco Leone e Jan Antem. In definitiva, una riscoperta molto piacevole, in attesa dei titoli più attesi dai vociomani.
““…il giovane direttore milanese Davide Levi, che aveva già diretto le rappresentazioni di Tenerife e di Palermo, può a questo punto considerarsi uno specialista del capolavoro di Cimarosa, di cui ha offerto una lettura sensibile e scorrevole, ottenendo una buona collaborazione dall’Orchestra Cupiditas.””
“… the young, milanese conductor Davide Levi, who had already conducted the production in Tenerife and Palermo, can now be considered a specialist of Cimarosa’s masterpiece, of which he offered a sensitive and fluid reading, obtaining good cooperation from the Orchestra Cupiditas.”