Tutt’altra temperie quella della Carmen, un concentrato dell’opera in un’oretta circumcirca, che senza sangue e arena, senza sigaraie e sigari, ci ha immersi in un ideale clima almodovariano, con un piccolo omaggio e debito, per la presenza di un’utilitaria smembrata, con la Carmen del Calixto ispanico, ovvero Bieito. Carmen è qui una procace riparatrice di automobili, nei panni della inconfondibile Rossy De Palma l’irresistibile Elena Caccamo, spiritosa e drammatica nel contempo e vocalmente molto ben individuabile, il mastodontico Escamillo di Oscar Camata, voce tonante di venditore ambulante di porchetta che sfida Don Josè, l’atletico tenore Leon De La Guardia, nei panni di un novello Rambo tutto canotta e muscoli, a cui si sono affiancati la già nominata Lombana Marino e, nella parte recitata con un ottimo francese, l’attore Gianluca Cavagna, Lillas Pastia. Danilo Coppola, su progetto di Aliverta, ha realizzato gli elementi scenici e l’attrezzo – in parte acquistato ai mercatini dell’usato: ne sono stato testimone ed ho la responsabilità di avercelo condotto – ma è scenografo costumista, laddove ci siano i soldi, di largo respiro, i costumi perfettamente in tono sono di Sara Marcucci mentre le luci si devono a Elisabetta Campanelli. Lo spettacolo, a dire il vero, è nato l’estate scorsa alla Cascina Pau, dove a detta di molti ha avuto maggiore sapore e per l’ambiente campestre e, soprattutto, per il generoso e squisito buffet che solitamente segue nel bel giardino la recita in cortile.
In mancanza di buffet e di … coro, che la versione non prevede, al posto della trasportabile tastiera si è puntato su un’orchestra piuttosto nutrita, per la media degli spettacoli della VAO, che stava in palcoscenico e che è stata diretta con slancio e precisione da un’altra nuovissima e fiammante bacchetta, quella impugnata del Maestro Davide Levi da cui aspettiamo altre belle conferme. Pubblico di aficionados e fan, tra i quali mi annovero anch’io, assieme all’immancabile “Fata Madrina”, la Dottoressa Morosini, senza la quale quest’avventura avrebbe un respiro affannoso. Invece siamo grati a questi ragazzi per le boccate di ossigeno che ci dispensano in mezzo all’asfittico mondo italiano dell’opera.